La recensione di Emma Ghersi è stata pubblicata nella "Rivista di studi crociani", ott. 1968

 


 

Con questo volumetto, il Piana presenta al lettore italiano i risultati delle sue ricerche sui manoscritti inediti dell'archivio Husserl di Lovanio. L'A. ci guida attraverso il labirinto della fenomenologia della percezione con una eccessiva fedeltà verso i testu, che vengono riportati conservando tutta la loro forma involuta e tutto intero il loro ermetismo.

Il Piana ha soprattutto approfondito la tematica dell'estraneità e la dialettica tra ego e alter ego, ritrovano nei manoscritti husserliani affinità con le analisi del comportamentismo. Leggiamo infatti in un punto del libro: "L'espressività del suo corpo è il suo fungere gestuale: la certezza d'essere altro si fonda sulla verificazione continua e concordante della gstualità (comportamento) del corpo altrui" (p. 23). "Se poi ci addentriamo nella problematica della comunicazione, gli inediti husserliani ci schiudono prospettive del tutto nuove...". Il fatto che l'altro sia nel mio campo percettivo ed io nel suo non significa ancora che noi ci percepiamo reciprocamente come percipienti; può accadere che io veda l'altro senza sapere che egli mi ha visto; lo posso osservare senza che egli se ne accorga e viceversa" (p. 26). Risparmiamo al lettore altre incredibili citazioni dei testi husserliani ; se è vero che le opere di Husserl sono appesantite da questa oziosa descrittiva dei fenomeni psichici, viene proprio da pensare che il Piana si sia divertito a rintracciare le pagine più banali e più inutili.

Più interessante ed accurata sembra invece l'analisi degli inediti che trattano il rapporto tra la coscienza e il tempo, e che è stata già approfondita da altri studiosi come il Brand e il Paci. Piana dimostra poi come in Husserl si ritrovi quell'abbozzo di una analitica del Dasein che sarà condotta fino in fondo dallo Heidegger di "Sein und Zeit"; ma per Husserl l'esistenza umana è, secondo il Piana, storica nella misura in cui si risolve in un continuo intervento nel mondo, in un sempre rinnovato tentativo di umanizzazione della natura: "In simbiosi con la natura l'uomo si autoumanizza ed umanizza la natura: questa si fa cultura, natura spiritualizzata dalla ragione, si storicizza nella storia dell'uomo" (p. 55). Se l'intento di Piana è dunque quello di cogliere, in Husserl, la dimensione storicistica, il suo concetto di storicità si identifica, però, con quella "proprietà" corporea che definisce l'uomo. Per diventare padrone di se stesso l'uomo deve ripercorrere il proprio passato egologico, per illuminare il presente e realizzarsi nel futuro in una attività "progettante". Gli inediti husserliani ci offrono così anche riflessioni sulla fine dell'esistenza individuale e sulla morte che saranno riprese da Heidegger. Esaminando poi il rapporto tra cultura e tradizione storica, Piana mostra come la formazione della cultura coincida con il processo di realizzazione dei fini dell'umanità, e come l'azione umana sia, anzitutto, una risposta al "bisogno". I fenomenologi italiani hanno utilizzato alcune incerte indicazioni husserliane per socrapporre alla tematica di Husserl uno schema di tipo marxistico. Così la ricchezza diventa "fine in sè dell'accumulazione", e l'angoscia per l'esistenza di cui parla il Piana non ha niente in comune con i temi kierkegaardiani e heideggeriani, ma è la Sorge dell'uomo che si vede minacciato nella sua praxis e derubato del suo lavoro in una società alienante in cui cui "mendicante e prigioniero sono immagini dello stesso volto privati della loro possibilità propria, ed ancora della positività della vita, sono uomini nella disumanizzazione, sono dei vivi nella morte" (p. 79).

Il Piana conclude che la fenomenologia è la scienza della società e della storia, nella misura in cui possa confluire nel marxismo critico, inteso come filosofia-scienza. Avverte infatti l'A. che bisogna evitare il pericolo di una "dissoluzione o risoluzione sociologistica e storicista della filosofia" (p. 101). La sociologia è infatti una scienza "separata" mentre lo storicismo, dal momento che si occupa solo di ciò che è storico avrebbe un campo limitato di ricerca. "Lo storicismo come filosofia della storiografia non lascia alla ricerca neppure il margine per la chiarificazione della struttura dell'oggetto storiografico come tale e giunge necessariamente a rifiutare, esplicitamente o implicitamente, il discorso sulle stesse condizioni della storicità" (p. 102).

E' evidente anche per il lettore sprovveduto che questa digressione del Piana sullo storicismo è estremamente confusa e discutibile; l'A. non distingue anzitutto i limiti delle filosofie della storia dal senso vero dello storicismo che non pretende di indagare sulle condizioni della storicità o di meditare sul processo della realtà per coprirne il significato totale, che è poi l'errore in cui cadono tutte le filosofie della storia compreso il marxismo, al quale il Piana attribuisce la dignità di scienza della società e della storia, libera dalle limitazioni dello storicismo che sarebbe invece solo "un metodo per il sapere storiografico" (p. 103)

Emma Ghersi


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