Giovanni Piana Il grande canto poema in quattro parti per voce recitante e insieme strumentale Strumenti digitali Giovanni Piana, Il grande canto 2008 |
Presentazione
I
Il testo
Il testo che viene proposto dalla voce recitante all'interno di questo brano musicale è stato il risultato di un incontro occasionale con il compositore Nicola Sani che conobbi nel 1995 nel corso di una tavola rotonda. Al suo termine, durante un'amichevole chiacchierata, egli mi propose all'improvviso di stendere un testo per un suo futuro lavoro musicale prendendo spunto dalla frase di Leonardo:
"L'acqua che tocchi dei fiumi è l'ultima di quella che andò e la prima di quella che viene. Così il tempo presente."
Frase molto stimolante e molto filosofica - così risposi - ma per un testo poetico occorre rivolgersi ad un poeta, e non ad un filosofo. Tuttavia nei giorni seguenti il pensiero di poter associare un mio testo ad un brano musicale non riusciva ad abbandonarmi. Era escluso,comunque, che mi accingessi di punto in bianco a scrivere poemi. Ma non potevo forse almeno tentare di mettere insieme citazioni altrui, secondo una qualche forma di sviluppo unitario - un collage di frasi o segmenti disparati, con qualche aggiunta o variante che potesse stabilire un legame? Non ho saputo resistere alla tentazione, ed ho redatto quello che ora ho chiamato "Il grande canto". Debbo dire che mi è stato di stimolo in questa impresa una frase ancora di Leonardo sulla poesia che trovai in quei giorni scartabellando il Trattato sulla pittura (§ 28). Essa non si attaglia forse troppo alla poesia in genere, ma è assolutamente esatta in rapporto a questo mio lavoro:
"E se tu vorrai trovare il proprio ufficio del poeta, tu troverai non essere altro che un adunatore di cose rubate a diverse scienze, colle quali fa un composto bugiardo, o vuoi, con più onesto dire, un composto finto"
Inoltre, prima di licenziare il testo lo sottoposi a Elio Franzini, che di poesia (e di Leonardo) se ne intende, ed egli mi diede il suo incoraggiante benestare.
Per quanto riguarda il seguito della storia, essa non ebbe allora alcun seguito. Nicola Sani manifestò a tutta prima un grande entusiasmo, ma poi non ne fece nulla ed io del resto non ebbi più modo di incontrarlo. Tuttavia il testo è rimasto. Riletto in questi ultimi tempi (2008) parve a me risuonare di musica - e di qui la seconda fortissima tentazione a cui non ho saputo resistere: lo musicherò io stesso, o meglio: lo circonderò di musica, affidando il testo ad una voce recitante (la mia).
Credo che sia quanto mai opportuno che il gentile lettore di questa pagina prima ascolti il brano, e poi, se vuole, legga il testo che riferisco di seguito insieme alle annotazioni nelle quali ho indicato le fonti e il modo di utilizzarle.
Vi è un solo verso tutto mio (il "silenzio mormorante" della prima strofa), ma in un testo come questo debbo rivendicare l'importanza che ha la selezione, l'incastro e la disposizione complessiva dell'insieme. Inoltre, essendo sottratti ai loro originari contesti ed inseriti in altri completamente differenti i versi ricevono un senso nuovo, che può anche implicare un vero e proprio svisamento del senso originario. Inutile dire che proprio per questo nella lettura e nell'ascolto conviene dimenticare completamente l'origine letteraria di questi testi - seguendo lo sviluppo così come si presenta.
Nella prima strofa è il presente iniziale, vivo, infantile e creativo - il tempo del mattino con il misterioso fanciullo di Eraclito che gioca, non si può immaginarlo diversamente, sul greto di un torrente o sulla riva del mare. Un tempo che canta canzoni; ed attraverso un rapido passaggio la sensualità della donna petrarchesca entra allusivamente in scena.
La seconda strofa è dominata invece dall'immaginazione metafisica, e precisamente dall'intreccio, apparentemente contradditorio, tra tempo del flusso e tempo ciclico, che è in realtà presente in Eraclito. Forse non in Leonardo - così almeno sembra dalla citazione guida. In ogni caso si approfitta delle parole "ultima", "prima" per proporre l'immagine eraclitea del cerchio - ed ecco subito apparire i quattro elementi in connessione con il ciclo; ciclo che viene poi ancora apparentemente contraddetto dalla bella fiducia di un futuro che corre incontro al presente con le braccia aperte. La tonalità prevalente della stanza è il tempo-fuoco, come principio e come fine - anzi come ciò che è senza principio, senza mezzo e senza fine come si dice nei bellissimi segmenti tratti dal Bhagavadgita.
Nella terza strofa è come se si volesse distogliere da sé le audacie dell'immaginazione metafisica, la voce potente dell'essere che dice di sé "Io sono in verità..." - e si ritornasse invece in un paesaggio sfumato in terrene lontananze. I colori sono quelli di un caldo meriggio, quando il sole è ancora alto, ma ci si può riposare in un "ombroso sito": il tema è quello del presente che diventa sempre più lontano, quindi del ricordo, di un passato che il pittore rende indimenticabile nell'immagine dipinta - ed inoltre si allude anche alla concezione leonardesca della pittura come "ombra" - "Della pittura, cioè delle ombre" [Trattato della pittura, n. 132]. La luminosità del presente ritorna nel scintillio dell"inestimabile gemma", ma sotto il peso dell'irrevocabile: Mai più!
Forse può sorprendere che la frase "Così il tempo presente" venga ripetuta in apertura della quarta strofa: ma il presente "sorgivo" è ancora dentro l'immagine della "sfera chiara": solo che la "degradazione" temporale di questa sfera perde il carattere di un passare che può essere ridestato dal ricordo ed evoca piuttosto la potenza di un destino cosmico, entrando in un vortice che dà le vertigini. Essa si unisce infatti con la fantasia del Grande Anno di Eraclito e del pensiero orientale - mentre tutto precipita (e ritorna) nel nulla dei "caeca primordia" di cui parla Lucrezio.
Il grande canto
Prima strofa
Così il tempo presente:
Dalla frase guida di Leonardo.
di un fanciullo il regno,
di un fanciullo
che gioca,
spostando i dadi:
Eraclito, fr. 52:
"Il tempo è un fanciullo che gioca,
spostando i dadi: il regno di un fanciullo".
il tempo :
fluente-vivente,
silenzio mormorante,
punto sorgivo,
vita sempre nuova .
Fluente-vivente [strömend-lebendige Gegenwart],
punto sorgivo[Urquelle],
vita sempre nuova[immer neues Leben]
sono espressioni di Husserl.
'Silenzio mormorante' invece è espressione
impiegata nella mia Filosofia della musica.
Nel ruscello c'è una canzone che scorre,
Bréton, verso citato nella mia Notte dei lampi.
pesci d'oro
Ricordo di Debussy
e una pioggia di fior sovra 'l suo grembo.
Petrarca, Chiare, fresche, e dolci acque
Seconda strofa
L'ultima di quella che andò, la prima di quella che viene:
Dalla frase guida di Leonardo.
La prima parte di questa frase viene
spostata nella strofa successiva.
Comune è infatti
sulla circonferenza
l'inizio e il termine .
Eraclito, fr. 101:
"Comune infatti sulla circonferenza è l'inizio e la fine".
Dalla terra acqua,
e aria e fuoco ,
sempre di nuovo;
Eraclito, fr. 76:
"È morte della terra il divenire acqua,
e morte dell'acqua il divenire aria,
dell'aria il divenire fuoco, e così sempre di nuovo".
L'espressione "sempre di nuovo" è ricorrente anche in Husserl.
il futuro corre incontro al presente
con le braccia aperte .
Mia variante della frase di Husserl,
"Die Gegenwart der Zukunft offene Arme entegegenbreitet",
Analysen zur passiven Syntesis, Husserliana, XI, p. 74
Senza principio,
senza mezzo e senza fine:
fuoco di cui questo universo brucia.
Io sono in verità
il tempo indistruttibile,
il Grande Canto .
Questi versi sono una elaborazione
derivante da questi passi del Bhagavdagita (Il canto del Beato)
X, 33:
"Io sono in verità il tempo indistruttibile,
il reggitore, il cui volto è rivolto in ogni dove"
X, 35:
"Dei canti del Samaveda, io sono il Grande Canto"
XI, 19:
"Senza principio, senza mezzo e senza fine,
dotato di forza infinita, di braccia infinite,
i tuoi occhi sono il sole e la luna.
Così io ti vedo, col volto simile ad un fuoco risplendente,
te che col tuo splendore bruci tutto questo universo".
[Rizzoli, Milano 1987, trad. di R. Gnoli]
Terza strofa
L'acqua che tocchi dei fiumi
Dalla frase guida di Leonardo, disposta in diverso contesto
si avvicina e si allontana
Eraclito, fr. 91:
"per impeto e velocità di mutamento il fiume
si scinde e di nuovo si raccoglie, anzi, meglio,
né di nuovo né dopo, ma insieme sta raccolto
e si disperde, si avvicina e si allontana"
(anche in questo caso il senso effettivo diventa irriconoscibile).
là dove l'orizzonte si specchia nell'onda.
Leonardo, Trattato della pittura, § 935.
Si tratta del titolo dell'ultimo paragrafo dell'opera,
nel contesto della tematica del vedere e del dipingere l'orizzonte.
Tu, pittore!
Leonardo, Formula frequente.
Nell'ombroso sito,
Leonardo, Trattato della pittura, § 809
le mani riparo
agli occhi offesi dal soverchio splendore ,
Leonardo, Trattato della pittura, § 143.
In realtà il paragrafo è dedicato a "come si deve figurare una notte".
ricordi:
Mai più.
Inestimabile gemma.
Scheggia di tempo grande gemma.
Mai più .
Nelle 101 Storie Zen, n. 32, si legge:
"Non si ripete due volte questo giorno/
Scheggia di tempo grande gemma./
Mai più tornerà questo giorno /
Ogni istante vale una gemma inestimabile"
Quarta strofa
Così il tempo presente:
Ripresa dalla frase guida di Leonardo.
durate
che si inabissano
nella profondità del passato
Husserl,
Zur Phänomenologie des inneren Zeitbewusstseins, X, p. 366:
"in die Tiefe der Vergangenheit",
"stetig in die Vergangenheit sinkende Dauer".
diecimila e ottocento anni.
Testimonianza su Eraclito.
Aezio: "Eraclito dice che l'anno grande
consta di diecimila e ottocento anni solari".
All'interno della sfera chiara
suoni
prospetticamente degradanti
nel vuoto, nel buio.
Questi quattro versi possono essere considerati
una sorta di estrema sintesi di un passo di Husserl come questo:
"Il suono nel punto ora ha in certo modo maggior chiarezza del suono
nelle altre fasi del modo di decorso "istantaneo" appartenente all'"ora";
più esattamente la chiarezza si degrada e finisce nel "vuoto",
nel "buio"[und geht schliesslich ins "Leer" über, ins "Dunkel"].
E qui all'interno della sfera chiara [innerhalb der klaren Sphäre],
e quanto più essa è vicina all'"ora" attuale troviamo
una tanto maggiore chiarezza e distinzione,
mentre via via che ce ne allontaniamo troviamo
un sempre maggiore affievolimento e rimpicciolimento.
Se ci caliamo riflessivamente nell'unità di un processo articolato,
osserviamo che un tratto di esso,ripiegando nel passato,
si "contrae", la prospettiva temporale (all'interno della sfera
dell'apparizione temporale originaria) è un analogo della prospettiva spaziale;
ricadendo nel passato, l'oggetto temporale si ispessisce e insieme si oscura"
- Husserl, Zur Phänomenologie des inneren Zeitbewusstseins, X, p. 366-367.
Inane Profundum .
Vuoto profondo - Lucrezio, De rerum natura, I, v. 1108, II,v. 222 e altrove.
Linea dell'oblio -
Linea della morte .
Husserl, Zur Phänomenologie des inneren Zeitbewusstseins, X, p. 365:
"Herabsinken in die Vergangenheit (Zug des Todes)".
Nulla
oltre il deserto spazio
e i ciechi primordi.
Lucrezio, De rerum natura, I, v. 1110: "desertum praeter spatium et primordia caeca".
II
Gli strumenti
Uno dei vantaggi che offre la composizione con strumenti virtuali è quello di un impiego libero di insiemi strumentali che sarebbe assai difficile, anche per ragioni pratiche, riunire insieme. A mio avviso questa possibilità rientra in via di principio nell'ambito della ricerca timbrica che è stata in passato tanto sottolineata, ma che non è stata - mi sembra - coltivata in questa direzione nella musica da concerto (per la musica di consumo si dovrebbe fare un discorso a parte) sia per difficoltà di ordine pratico sia e forse soprattutto per ragioni ideologiche e di scelta musicale (critica dell' "esotismo", eurocentrismo, ecc).
Nella prima parte di questo brano giocano insieme le percussioni "latine", gli archi, il corno, l'arpa, la tromba. Nella seconda assolve una parte importante lo shenai. All'inizio della terza parte, il bellissimo suono del duduk, risuona insieme al registro di flauto dell'organo.
duduk (flauto armeno)