Questo testo è stato pubblicato da Il Saggiatore, Milano 1973
e in seconda edizione da Guerini e Associati, 1994.
Data di immissione in questo archivio: agosto 2002

Giovanni Piana, Interpretazione del Tractatus di Wittgenstein (pp. 199 - KB. 695)


 

Giovanni Piana

 

Interpretazione

del «Tractatus» di Wittgenstein

 

1973


 

Premessa

I sei capitoli di questo libro dedicati al Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein intendono orientare la lettura dell'opera secondo quello che è, a mio avviso, il suo effettivo filo conduttore principale. La tesi sostenuta è che Wittgenstein, muovendo dal problema di un linguaggio «logicamente adeguato» o, come egli propriamente si esprime, di un linguaggio che obbedisca alle regole della sintassi logica, perviene ad una filosofia della logica e della matematica orientata in un senso tendenzialmente formalistico. La teoria del simbolismo forma così la premessa per un complesso di punti di vista che risultano chiaramente comprensibili nella loro portata e nel loro senso solo nel quadro di un'accentuazione del momento operativo e calcolistico come momento essenziale per una caratterizzazione di principio della logica e della matematica. D'altro lato, la connessione tra calcolo e dominabilità intuitiva dei segni fornisce l'indicazione da cui si deve prendere l'avvio per un tentativo di spiegazione della discussa teoria del «mostrare».

Questo modo di lettura, oltre a ricreare in stretta aderenza al testo la sua unità tematica intorno ad alcune idee centrali, sottolinea in particolare il fatto che la concezione della proposizione come immagine, spesso presentata in una relativa autonomia, ha in realtà soltanto una portata illustrativa ed introduttiva rispetto a quegli esiti più generali a partire dai quali essa va valutata. L'esigenza di dare particolare evidenza a questa linea di discorso ha fatto si che molti aspetti della tematica complessiva del Tractatus siano stati solo accennati e talora del tutto trascurati, senza che ciò possa giustificare un giudizio relativo alla loro maggiore o minore rilevanza.

Particolare cura è stata posta nel tentativo di dare alla esposizione la maggiore scioltezza e chiarezza possibile, anche ai fini di un'utilizzazione del volume come ausilio per una prima lettura dell'opera di Wittgenstein. Per questa stessa ragione sono state evitate digressioni relative alla storia dei problemi; ed anche le discussioni con interpretazioni convergenti o divergenti sia su punti relativamente particolari sia su questioni più generalmente impegnative.

Il quinto capitolo accenna alle linee di impostazione del problema di una considerazione del Tractatus dal punto di vista «critico-ideologico». Nessuna lettura dell'opera puo essere considerata soddisfacente se non affronta correttamente anche questo problema. Si è cercato qui di mostxare come la messa in rilievo dello sfondo ideologico del Tractatus sia importante non solo per una sua localizzazione storica, ma anche per una comprensione interna. In questo sfondo, del resto, si debbono cercare le ragioni per le quali un atteggiamento tendenzialmente formalistico possa tuttavia associarsi ad una concezione di assolutezza nella considerazione del rapporto tra «logica» e «mondo».

La formula del «passaggio al punto di vista del gioco» sembra infine esprimere con sufficiente chiarezza in che modo Wittgenstein stesso rimetta in questione l'intero impianto filosofico del Tractatus riprendendone, in una prospettiva interamente nuova, alcuni temi di fondo. A questi sviluppi successivi è dedicato il capitolo conclusivo del volume.

Milano, 30 settembre 1973

 

Per gli intenti e per il modo in cui questo libro venne progettato, mi sembra che esso possa essere riedito vent'anni dopo senza alcun mutamento - e ciò non già perché in rapporto a Wittgenstein non siano intervenuti cambiamenti e nuovi sviluppi! Al contrario. Pochi autori novecenteschi hanno conosciuto più di Wittgenstein un interesse rinnovato così vivo da poter ritornare al centro del dibattito filosofico contemporaneo. Nel 1973 tuttavia si cominciava appena a presentire la necessità di una rilettura capace di restituire Wittgenstein al suo contesto autentico liberandolo dalle letture, spesso così lontane dallo spirito dell'autore, che lo vincolavano indissolubilmente prima agli abiti mentali del Circolo di Vienna e poi a quelli dellà filosofia analitica anglosassone. Quelle letture rappresentavano delle autentiche strettoie rispetto alla ricchezza e alla problematicità della sua elaborazione filosofica e si può indubbiamente affermare che il liberarsi da esse è stata una premessa indispensabile in direzione dell'acquisizione di nuovi punti di vista, dai quali non soltanto diventassero visibili aspetti importanti prima trascurati, ma che consentissero di riaprire in modo nuovo il dibattito intorno ad argomenti che voci autorevoli avevano ormai ingabbiato entro schemi apparentemente obbligatori.

Lo scopo del mio lavoro non era dunque quello di rovistare tra la bibliografia intorno al Tractatus, ma di attirare con la massima vivacità l'attenzione su un' angolatura interpretativa che, per quanto a portata di mano, non era, che io sappia, mai stata precedentemente proposta. Si trattava, detto in breve ed a chiare lettere, di cancellare, come era non soltanto nei desideri ma anche nelle decisioni di Wittgenstein, l'introduzione che Bertrand Russell scrisse per il Tractatus e ripropose, con scarsa sensibilità per il parere dell'autore, nella prima edizione dell'opera e di riscoprire la sua sostanza «antilogicista» ai vari livelli in cui essa si manifesta e nei modi peculiari in cui riceve sviluppo. Affermare che nel Tractatus si fa avanti proprio quell'orientamento formalista contro il quale era specificamente mirato il progetto logicista equivale in realtà a proporre un significativo spostamento del suo centro gravitazionale. Assumono così una posizione centrale proprio le concezioni di Wittgenstein intorno alla matematica e in particolare la teoria del numero nella quale io credo si possa cogliere una interessante anticipazione dell'idea di una «fondazione ricorsiva» della matematica. Nello stesso tempo ricevono nuova luce aspetti che in precedenza erano stati fraintesi o lasciati oscuri. Desidero qui segnalare all'attenzione del lettore l'interpretazione da me proposta per il metodo di decisione calcolistica della verità e della falsità delle proposizioni così come quella per la forma generale della proposizione, nelle quali trovano una significativa, e per certi versi persino sorprendente, esemplificazione tecnica aspetti rilevanti di ordine propriamente filosofico. Con ciò si tocca anche uno dei problemi di metodo cruciali in una lettura del Tractatus e che ha del resto una portata più generale: contro la duplice saccenteria che separa l'una cosa dall'altra, nel Tractatus si fa valere in modo esemplare la saldatura tra logica e filosofia, l'incapsulamento del problema tecnico nella questione filosofica, l'affiorare del problema filosofico dalla questione tecnica. A questa saldatura ho cercato di dare la massima evidenza, nell'esposizione, così come alla connessione, altrettanto esemplare, tra elaborazione teoretica e inclinazione ideologica.

Certamente vi è chi oggi potrebbe manifestare perplessità di fronte allo stesso impiego di espressioni come «ideologia» e «critica dell'ideologia», sottolineando che la crisi del marxismo ha mostrato la discutibilità, tra molte altre cose, anche di nozioni come queste e delle tematiche ad esse soggiacenti. In realtà io penso che si debba essere ancora più decisi: attraverso quelle parole si è per lo più fatto valere un riduzionismo sociologico tanto più intollerabile quanto più si associava con apparente necessità ad un atteggiamento inquisitorio foriero di sentenze subito passate in giudicato. Ma se si prendono in esame le considerazioni che vengono svolte in questo libro parlando dell'ideologia del Tractatus si comprenderanno le ragioni per le quali esse non possono essere toccate da questa critica e per quali motivi quei termini, che si vorrebbero dichiarare desueti, sono invece ancora praticabili: in essi si attira l'attenzione sul fatto che anche nelle elaborazioni più astratte si insinuano fattori che sono segnali di una vicenda storica e che agiscono spesso conferendo agli sviluppi teoretici una doppiezza di senso che è essenziale riuscire a cogliere per un'interpretazione compiuta. Ciò vale, in rapporto a Wittgenstein, per la teoria del «mostrare» che rappresenta uno straordinario punto di intersezione tra motivi profondamente diversi, così come per l'impianto complessivo di un'opera che appare infine caratterizzata dal contrasto portato fino al parossismo della autodissoluzione tra un'aspirazione all'ordine ed alla sua perfezione e l'esperienza vissuta di una caoticità indominabile. La doppia lettura da me suggerita nel testo della frase di apertura del Tractatus: Die Welt ist was der Fall ist: «Il mondo è tutto ciò che accade» e «Il mondo è tutto ciò che è il caso», porta questa doppiezza di senso fino al dettaglio stilistico e letterario. Dalla prima lettura prende le mosse la teoria delle proposizioni elementari e in generale la teoria della logica e del simbolismo; nella seconda si prospetta lo sfondo catastrofico su cui si stagliano le proposizioni conclusive, che sono tutto meno che un'appendice etica o un'effusione psicologizzante.

Naturalmente questo problema può ricevere ulteriori approfondimenti soprattutto se lo si considera all'interno delle alternative filosofiche degli anni Venti, tra le quali vanno annoverate, insieme al Circolo di Vienna ed alla posizione del primo Carnap, l'elaborazione cassireriana della Filosofia delle forme simboliche, il Lukàcs di Storia e coscienza di classe, Essere e tempo di Heidegger e La crisi delle scienze europee di Husserl. Motivi estremamente interessanti di riflessione possono anche derivare estendendo lo sguardo oltre il terreno strettamente filosofico alle vicende dell'arte - in particolare verso l'astrattismo nella teorizzazione che di esso diede Piet Mondrian.

Si tratta di estensioni che non potevano essere qui condotte per ragioni di equilibrio espositivo e di scelta di filo conduttore che resta ovunque strettamente interno all'autore. In coerenza con questa scelta si trova invece il consistente sguardo agli sviluppi successivi al Tractatus fornito nell'ultimo capitolo, che assume a propria base le Osservazioni sui fondamenti della matematica, un libro che fu negli anni della sua pubblicazione, soggetto a pesanti critiche da parte di logici e matematici impegnati nella filosofia della logica, critiche a cui si adeguarono pedissequamente gli interpreti. Il richiamo a questo libro da parte mia aveva dunque precise implicazioni polemiche, ed era un richiamo a ragion veduta, strettamente dipendente dall'interpretazione proposta per il Tractatus. Quanto siano mutati i tempi è mostrato dal fatto che oggi potrebbe essere difficile trovare un logico che non sia disposto a fare una professione di fede wittgensteiniana persino sul problema dei fondamenti della matematica ed a recitare, magari con molta minore coscienza di causa, la sua brava apologia della contraddizione.

Quando nel 1973 pubblicai questo libro, che rappresentò per me, fino ad allora interamente sprofondato nella fenomenologia husserliana, una fondamentale esperienza teorica, mi auguravo certamente che esso fosse bene accolto dagli esperti, ma soprattutto che esso fosse di ausilio e di sostegno a chi ama immergersi nella lettura dei filosofi, senza preoccupazione e presunzione di dottrina e con l'autentico entusiasmo della giovinezza. Ed è questo l'augurio che mi faccio ancora, vent'anni dopo.

Milano, 30 settembre 1993

 

* Le citazioni e i riferimenti al Tractatus logico-philosophicus sono sempre dati indicando il numero della proposizione corrispondente. Con un asterisco apposto a tale numero si indida che ci si riferisce non solo alla proposizione contrassegnata da quel numero, ma all'intero gruppo di proposizioni ad essa subordinato. I capoversi di una proposizione vengono invece indicati, come nell'uso consueto, da lettere alfabetiche fatte seguire al numero corrispondente. Come base è stata assunta la traduzione italiana di A. G. Conte, Einaudi, Torino 1964 (non si dà esplicito avviso delle modificazioni eventualmente apportate). Tale traduzione contiene inoltre i Quaderni 1914-16 (Sigla: Q); le Note sulla logica (settembre 1913) (Sigla: NL); le Note dettate a Moore in Norvegia (Sigla: NM); gli Estratti da lettere a B. Russell (Sigla: LR). I riferimenti a questi materiali preparatori sono dati indicando la pagina della traduzione italiana preceduta dalla sigla.

Anche per le Osservazioni sui fondamenti della matematica (Sigla: OFM) si è fatto riferimento alla traduzione italiana a cura di M. Trinchero, Einaudi, Torino 1971. Anziché alla pagna, ci si riferisce al numero da cui ogni «osservazione » è contrassegnata, preceduto dall'indicazione delle Parti in cifre romane.

Tutti i rimandi a entrambe le opere ed ai materiali anteriori al Tractatus sono inseriti direttamente nel testo.