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Data di immissione in questo archivio: dicembre 2003

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Esempi sonori del saggio L'intervallo

 

 

Giovanni Piana

L’intervallo

2003


Indice

Introduzione

Parte I

1. L’intervallo intelligibile

2. L’intervallo visibile

3. L’intervallo udito

Parte II

1. Fenomenologia dell’intervallo

2. Matematica dell’intervallo


Introduzione


Il termine italiano di intervallo è un calco del latino intervallum - ed esso mostra in modo molto diretto l’immagine da cui ha origine. Vallus significa «palo» - il palo con cui si reggono i vitigni della vite, ad esempio, oppure quello con cui si realizza una palizzata (vallum significherà poi in generale proprio una fortificazione, it. vallo): intervallum è letteralmente ciò che vi è tra i pali, lo spazio compreso tra essi, la distanza dall’uno all’altro. Nella trattatistica latina del resto, accanto ad intervallum, per indicare l’intervallo tra i suoni, vengono normalmente impiegate, come sinonimi di esso o per introdurne il concetto, espressioni come spatium, interspatium, interstitium, latitudo, distantia.

Ad esempio: «spatium seu intervallum» (Engelbertus Admontensis) «intervallum vel interspatium» (Bonaventura da Brescia); «Intervallum vero est soni acuti gravisque distantia» (Boezio); «intervallum, quasi interstitium sive distantia» (Jacobus Leodiensis); «latitudo seu intervallum» (Johannes Boen).

Del resto anche in Rameau troviamo l’intervallo definito così: «Si chiama intervallo la distanza (distance) tra un suono grave ed un suono acuto» Traité, cap. I.).

L’immagine della spazialità, così trascurata in larga parte della filosofia e dell’estetica musicale, mostra invece la sua presenza ovunque nei fondamenti dell’esperienza musicale e della sua teoria. Una presenza multiforme, dal momento che varie sono le direzioni di senso in cui la nozione di spazio può essere richiamata. In questo caso, questa nozione viene messa in questione soprattutto con riferimento alle cose distribuite nello spazio, allo spazio come essere-tra, come ciò che c’è tra una cosa ed un’altra, ed il fatto che si possa anche dire che tra una cosa ed un’altra non c’è nulla rappresenta naturalmente l’inizio di un problema per la filosofia dello spazio in genere. È interessante inoltre il fatto che si parli di distantia - questo è un termine particolarmente ricorrente. L’intervallo è allora proposto come una linea cui estremi sono i suoni che lo delimitano. Ed ovviamente non come una linea che vada divagando tra essi, ma come una linea rettilinea, come il percorso più breve tra due punti. L’analogia è in tal caso specificamente geometrica.

Eppure, nonostante questa antica tradizione terminologica, vi è chi potrebbe osservare che alla domanda intorno a che cosa sia l’intervallo tra suoni oggi dovremmo rispondere - con migliore conoscenza di causa e con aderenza alla realtà delle cose - che «intervallo tra i suoni è il rapporto tra le frequenze che li generano» mentre il parlare di distanza tra una nota e l’altra, come se le note fossero dei paletti, ci potrebbe sembrare una risposta grossolana e approssimativa.

Le cose tuttavia non stanno affatto così. Tutta la nostra discussione seguente vorrebbe dare la massima evidenza al fatto che alla teoria dell’intervallo appartengono sia la distanza che il rapporto secondo intrecci problematici assai ricchi ed interessanti, che tuttavia richiedono, per essere chiaramente compresi che si tenga ben ferma la differenza di piani che essi presuppongono. Questa differenza è stata sintetizzata felicemente da un trattatista dicendo che ciò che i musici chiamano intervallum, inteso come distantia tra un suono più acuto ed uno più grave, gli aritmetici chiamano invece proportio.