Questa intervista è stata pubblicata in “La Provincia di Lecco”, 5  luglio 1991

– Di Roberto Zambonini, che ha svolto ha una molteplice attività in campo musicale, voglio ricordare almeno la direzione dell'orchestra Il Capriccio. Nei miei "Stralci di vita" scrivo

"... l’orchestra d’archi il Capriccio fu per me una occasione unica e bellissima, per uscire dalla solitudine dell’esercizio tecnico, e imparare le tante cose che si possono apprendere in un insieme orchestrale, nonché per il godimento verso la musica prevalentemente barocca che faceva ovviamente parte del suo repertorio. Questa bella esperienza, che durò per qualche anno, la debbo tutta a Roberto Zambonini che fu il creatore oltre che il direttore musicale di questo organismo fatto di dilettanti come io ero, di studenti di conservatorio che venivano presso l’orchestra a far pratica, oltre che da qualche generoso strumentista professionista" (p. 203). G.P. –

 

 

Roberto Zambonini – «Filosofia in musica. Il libro di Giovanni Piana», intervista pubblicata in “La Provincia”, 5  luglio 1991.

Tra le diverse arti la musica  è forse quella che più di ogni altra sembra sfuggire alle facili spiegazioni e classificazioni razionalizzanti. E ciò come conseguenza della sua inafferabilità, della sua apparente mancanza di significato. Sul versante opposto, dalla facilità con cui può essere "piegata" a ogni significato. Non che manchino studi o lavori teorici nel campo musicale: anzi oggi sembrano abbondare contributi storici, semiologici, sociologici o testi di tecnica musicale e strumentale. Ma, a ben guardare, tutti denotano un certo "disagio" nei confronti della materia trattata, disagio che traspare anche dal ricorso a una terminologia spesso mutuata dalla poesia, dalla letteratura, dalla fisica. Tra gli approcci alla musica quello filosofico è forse quello che denota rnaggiori ritardi anche se singoli filosofi hanno in più occasioni mostrato il lor interesse per questa forma d'arte. Ebbene, proprio in questi giorni, un contributo importante e originale è venuto dal filosofo italiano Giovanni Piana, docente ordinario presso la prima cattedra di filosofia teoretica dell’Università di Milano, con il libro «Filosofia della musica» edito da Guerini e Associati e segnalato al Premio Ugo Mursia per la filosofia 1990 come ricerca che «porta un originale contributo all'estetica musicale italiana» con esplicita menzione alla “chiarezza della scrittura che permette di dire cose anche tecnicamente difficili nella maniera più semplice e universalmente intellegibile”. Il contesto  dei problemi affrontati in questo libro era già stato anticipato nella filosofia dell'immaginazione delineata nel volume “La notte dei lampi”(Guerini, 1988). Abbiamo incontrato l'autore nella sua casa di Merate circondato da montagne di libri, dall'inseparabile violino e da un sofisticato impianto di registrazione e di riproduzione della musica e gli abbiamo rivolto tre domande.

D. –  Che cosa si propone questo libro professar Piana?

R. –  Lo scopo dei libro è quello di riaprire la discussione sull'idea stessa della musica e delle sue strutture fondamentali. Si tratta di un tema abbandonato dagli studi filosofici perché si ritiene che il problema stesso di una concezione generale e unita-ria della musica venga meno di fronte al riconoscimento della molteplicità dei linguaggi musicali. Cerco di dimostrare che si tratta di un’opinione erronea e che la riapertura di questo problema è ricca di interesse sui molteplici versanti dell'esperienza musicale: anzitutto certamente sul versante della tema musicale ma anche su quello della riflessione che viene sempre sollecitata dalla pratica e da ascolto della musica.

D. –  Nel libro si avverte  la preoccupazione di verificare continuamente la tenuta concettuale e l'utilità delle categorie e delle definizioni utilizzate e di evidenziarne sia gli aspetti legati alle soggettività percettive e alle elaborazioni culturali, sia quelli legati all'oggettività o naturalità dei fenomeni sonori e acustici. In quale ambito teorico si muovequesto libro?

R. – A. mio avviso una filosofia della musica può avere sens soltanto attraverso quello che io chiamo un "passo indietro verso terreno preliguistico” e ciò significa dare il massimo peso all'esperienza del suono come un'esperienza che ha già in se stessa dei principi e dei criteri di organizzazione. Questo modo di approccio si ricollega alle tradizioni della filosofia fenomenologica interpretata secondo un'angolatura che cerca di mettere in evidenza, più che l'aspetto speculativo (spesso generico), la fecondità analitica. In effetti tengo a sottolineare che gli interessi verso una concezione di carattere generale debbono concretizzarsi sul terrenospecifico della problematica musicale evitando i discorsi vuoti spesso appannaggio dei filosofi e non solo.

D. –  Se, come lei sostiene, non esiste un'essenza della musica vuoi dire che si deve  rinunciare al desiderio di arrivare a una definizione ultima della musica e di comprension del suo significato?

R. –  Che la musica non abbia un'essenza nel senso tradizionale  del termine è dimostrato dall'intera vicenda della musica del Novecento. Si è parlato talvolta di sperimentalismo e di radicalismo della musica novecentesca, ma né l'una né l'altra espressione coglievano il punto essenziale che consisteva nella sua natura eminentemente filosofica. Si potrebbe sostenere che sul terreno della produzione musicale si sia messa in opera una regressione nella quale la musica resta sospesa tra l'esserci già e il non esserci ancora. Occorre dunque ridare alla musica tutta la tensione problematica che le è propria mentre si fa avanti una tendenza opposta: i musicisti sembrano abbastanza soddisfatti delle "posizioni acquisite"; il rapporto tra compositore e critico è mutato profondarnente - in luogo di una dialettica tra l'uno e l'altro è subentrata una funzione di sostegno e di promozione reciproca –  e quanto al pubblico sembra aver preso una volta per tutte un'importante decisione: applaudire sempre, qualunque cosa accada, senza porsi più nessun problema. E debbo ammettere –  condude Piana - che questa decisione a me sembra, nelle condizioni attuali, abbastanza saggia .. ».

Roberto Zambonini


 

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